La foglia di fico. Malagò scontenta. Gli altri si ricompattano

25.04.2018 22:55

Carlo Ancelotti. Sarebbe candidato alla panchina della nazionale italiana

Il Presidente della Repubblica, nei giorni scorsi, ha conferito a Roberto Fico l’incarico per “tentare” di formare “il” nuovo governo. E’ dello stesso momento la notizia, fatta astutamente trapelare ai media dal presidentissimo Malagò, di un incontro avuto con Carlo Ancelotti per affidargli il ruolo di nuovo commissario tecnico della nazionale. Le citazioni sono l’immagine di un Paese che non riesce a darsi un Governo e di un sistema calcistico “ingessato”. Con un commissariamento privo di idee e di riforme. Capace solo di sollevare polemiche e risentimenti (vedi i contrasti con l’associazione italiana arbitri). 

La candidatura di Ancelotti? Un richiamo alla foglia di fico (quella usata da Adamo ed Eva in fuga da paradiso terrestre). Il tentativo di “coprire” la totale incapacità a svolgere quel ruolo di riformatori che aveva solo inizialmente giustificato il doppio commissariamento. Di Federcalcio e Lega di Serie A (era gennaio quando l’assemblea elettiva “partorì” il nulla di fatto orchestrato dal duo Malagò-Tommasi). Nulla da eccepire sull’uomo e sull’allenatore Ancelotti. Carletto è uno deimigliori al mondo. Gli interrogativi si “drizzano” sui costi e sulla possibilità che una persona del suo valore voglia già appendere la tuta al chiodo (non ce ne voglia nessuno, ma il commissario della nazionale svolge un lavoro limitato, per impegno e tempo da dedicare). L’allenatore, invece, desidera percepire l’odore acre dello spogliatoio e il profumo dell’erba del campo. Per di più esistono piazze libere come quelle del Chelsea o dell’Arsenal. La scelta appare fatta solo per distogliere l’opinione pubblica dall’incapacità, comprovata, di questi mesi. Un investimento da “tanti” milioni di euro (ove l’interesse per Ancelotti fosse reale). Quando sarebbe utile (molto e di più) investire/destinare quei milioni nel “nostro” calcio giocato. Per la Lega dilettanti e per quella Serie C (mal ridotta) che attende i famosi 5 milioni di euro (tagliati a inizio anno) per i quali Gabriele Gravina combatte e si sente tutt’ora di promettere ai suoi club. 

Va riconosciuto che il livello attuale del calcio, nel Paese dei campanili, si è abbassato a livello infimo (non soltanto per “colpa” del modesto Ventura). Lo sperpero di quelle risorse economiche potrebbe essere evitato nominando un citì più adeguato al momento particolare. Alla bisogna finanziaria del presente. Donadoni rappresenterebbe una scelta idonea. Ci si potrebbe anche indirizzare su un allenatore “federale”. Bearzot (ricordarsi) vinse un campionato del mondo e Vicini fu vice campione d’Europa e terzo ai mondiali di casa nostra. La nomina (?) di Ancelotti rappresenterebbe il tentativo di tappare quella voragine apertasi con il fermo totale della Federcalcio. Il nulla. Altro che riforme. Nulla sulla modifica del format dei campionati. Nulla sulla riforma della Lega Pro. Nulla sulla modifica dei pesi in consiglio federale. La Serie A “pretende” (giustamente) di “contare” di più, ma nessuno vuole cedere di un passo. Nessuno (altrettanto giustamente) vuole essere “ricordato” come il presidente che ha fatto perdere valore alla propria componente. Una sfida “impossibile” dove potrebbe spuntarla soltanto il “peso” dei soldi. Ma tanti.

L’unica riforma in Federazione l’ha fatta… il Coni. Ha modificato i principi fondamentali ai quali si debbono adeguare gli statuti di tutte le federazioni. Ha tolto, agli arbitri, il potere di essere rappresentati. Fabbricini (come Ponzio Pilato) se ne lava le mani. “Non è colpa mia”, sono i princìpi del Coni. “Bisogna” adeguarsi. La Federcalcio, però, necessita di ben altro.

Situazione precaria in Lega di serie A. Malagò rappresenta il Coni. Lo sport italiano, pertanto. Rappresenta tutte le Federazioni (dalla canoa alle bocce, passando anche per il calcio). Deve tutelare lo sport della nazione nel senso più ampio della parola. Malagò nel sistema calcio deve agire a tutela di tutte le componenti. Non sta a lui, che ha preferito nominarsi commissario a Milano, anziché in via Allegri, combattere per i pesi elettorali della Serie A. Le invasioni di campo non sono concesse a nessuno. Neppure a Giovanni Malagò.

A tal proposito, è giusto si ponga l’accento su una sua esternazione (di Malagò) relativa al valore che alcuni club hanno attribuito alle loro plusvalenze (poste di bilancio che volendole definire censurabili sarebbe un “complimento”). Dimostra quanto il “nostro” sia inadeguato al ruolo che tenta di ritagliarsi all’interno del sistema calcio. Con un suggerimento: faccia attenzione a esporsi con dichiarazioni “avventate”. L’iva sulle plusvalenze incrociate e “clonate” si oblitera. I valori a credito e a debito si equivalgono. Lo Stato non ne trae alcun vantaggio. Quelle plusvalenze, inserite a bilancio, servono soltanto per annacquare le prove di evidenti insolvenze patrimoniali!

Crisi accertata in Serie A. Con un bando per i diritti televisivi finito sotto la lente di giudici ordinari per evidenti irregolarità tecniche. Con un presidente nominato all’unanimità (molti i dubbi su “quelle” modalità per alzata di mano), ma in totale conflitto di interessi. Miccichè, consigliere di amministrazione di Rcs (edita Gazzetta dello Sport e Corriere della Sera) ha come presidente Urbano Cairo, il patron del “Toro”. Legittimo interrogarsi come questo possa essere “digerito” da tutti gli altri presidenti.

Gaetano Micciché e chi ha propugnato la sua elezione dovrebbero leggersi il codice etico della Federcalcio. Gli articoli 1.4 (impegno verso i portatori di interesse) e 1.5 (comportamenti non etici). Sono quelli che regolamentano i conflitti di interesse e i comportamenti di chiunque acquisisce potere di vantaggio per sé. Il codice etico della Federazione appare invece del tutto sconosciuto anche se è “vincolante per i comportamenti di tutti i dirigenti federali” (vedi articolo 1.6 – ambito di applicazione). 

Direbbe Flaiano: la situazione è grave, ma non seria. In tutto questo bailamme le componenti si starebbero però “attrezzando”. Nicchi che vede in pericolo il suo 2 per cento ha già iniziato le ostilità. Esclusa la Lega di A che è “cristallizzata” da situazioni di Tribunali che mettono in pericolo i diritti televisivi. Esclusa anche la Lega di Serie B che non dà segni di vita e ha scelto di non schierarsi. Mai. Le altre, (ri)svegliatesi, contestano che si è operato con superficialità e senza l’assistenza di professionisti adeguati.

Tommasi, Gravina, Sibilia, Ulivieri e Nicchi si starebbero (finalmente) ricompattando. In assemblea rappresentano l’ottantatre (83) per cento. “Tanta roba”. Sarebbero pronti a chiedere la convocazione dell’assemblea. Ne hanno titolo. La soluzione ideale sarebbe quella che venisse identificato un soggetto condiviso. Un presidente “traghettatore” capace di gestire sino al termine del quadriennio olimpico. L’inizio del 2020. Tommasi avrebbe compreso di non aver indovinato la mossa nel favorire il commissariamento. Ha ottenuto, in cambio della propria astensione, la nomina di due sub-commissari (Corradi e Costacurta), ma il loro operato, a oggi, è ininfluente. 

Si scelga allora una figura di spessore, rappresentativa. Si ponga fine a questo scempio che non è di aiuto a nessuno. Tantomeno al calcio italiano.

Ancelotti commissario tecnico? In tempi migliori di volata. Oggi, in periodo di magra no, grazie! Riforme e soldi siano destinati al sistema. Che ne ha veramente bisogno. 

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