Torino: Pacemaker hi-tech salva una giovane mamma tarantina

Anna Maria Cavallo, 27 anni di Taranto, è stata operata al Maria Pia Hospital, uno dei poli di riferimento per Cardiologia in Piemonte

CRONACA
05.08.2020 15:56

Foto di Mirko Sajkov da Pixabay
"Ho pensato di dover lasciare i miei bambini, certo. Se fosse successo, sapevo che sarebbero stati in buone mani, con mio marito, con le nostre famiglie. Però alla mia età, immaginare di non esserci più e di non vederli crescere, è stato davvero difficile». Alle parole di questa mamma si può rispondere soltanto con il silenzio. Anna Maria, così si chiama, ha 27 anni e «un cuoricino che a volte non funziona», come ha ripetuto tante volte ai suoi bambini di 6 e 3 anni per provare a spiegargli le sue «debolezze». «Quando ero sola con loro — confida — non mi sentivo sicura ad affrontare la vita. É stato difficile conciliare l’essere mamma e l’essere malata. Ma, al tempo stesso, i figli mi hanno dato la forza per andare avanti, anzitutto per capire quale era il mio problema e risolverlo, per me e per loro». Oggi Anna Maria ce l’ha fatta. Qualche settimana fa, è stata sottoposta a un intervento mini-invasivo, durante il quale le è stato impiantato un pacemaker di ultima generazione, che permette di sincronizzare il ventricolo con l’atrio, migliorando i risultati per il paziente. Lo hanno eseguito a oltre mille chilometri dalla sua Taranto, al Maria Pia Hospital di Torino, uno dei poli di riferimento per la Cardiologia in Piemonte. E adesso sta bene. «Sin dal mattino sento che tutto sta procedendo per il meglio. Prima, quando mi alzavo, il cuore andava a mille». Tutto comincia poco dopo la nascita del suo primogenito. Anna Maria si sente debole, a volte ha le vertigini, ma tutti, a cominciare dalla sua famiglia, pensano si tratti soltanto di stress per quella nuova vita da mamma. Ma lei ha come un presentimento: non può essere soltanto questo. E un giorno, dopo la decisione di correre al pronto soccorso, arriva la diagnosi. «Mi dissero che avevo un blocco atrioventricolare. Da un lato ero sollevata: avevo scoperto qual era il problema e che si poteva fare qualcosa per risolverlo ma, dall’altro, mi chiedevo perché tutto questo fosse capitato proprio a me. Nessuno, nella mia famiglia, ha mai avuto un problema del genere. Che, per altro, nel tempo è peggiorato: sono arrivata ad avere stop del cuore». Poco dopo arriva un’altra notizia. Quella di una seconda gravidanza, l’attesa di una bambina, inaspettata. «E i timori c’erano. Non sapevo se sarei stata in grado di affrontare il parto. Ma, durante i nove mesi, sono stata seguita sia da ginecologi sia da cardiologi che mi hanno aiutata ad arrivare a un parto naturale». Appena ha potuto, Anna Maria, che di cognome fa Cavallo, ha deciso di parlare ai suoi figli di quel suo «cuoricino» un po’ matto che ogni tanto faceva allungare un’ombra sui suoi occhi. Racconta di averlo fatto perché riteneva giusto metterli al corrente anche se piccoli e perché i bambini stessi sono poi stati sottoposti a una serie di controlli. «L’ho ritenuto opportuno importante come prevenzione — riflette —. E, grazie al fatto che sapevano che cosa stava succedendo, anche se, naturalmente, non riuscivano a mettere bene a fuoco la situazione, ogni visita o esame è diventata un gioco per loro». Un anno fa, i medici iniziano a parlare ad Anna Maria del pacemaker, dell’intervento, delle alternative terapeutiche ormai esaurite. «In quel momento — però — non ho avuto paura. Ero preparata. Da anni mi avevano spiegato che la strada, presto o tardi, sarebbe stata questa. A dicembre, il primo passo: l’impianto del loop recorder». É un dispositivo di registrazione, inserito nel sottocute del torace del paziente con una piccola incisione, che, assieme a un classico holter, ha documentato pause del ritmo cardiaco che potevano mettere a rischio la vita di Anna Maria. «A quel punto — racconta il dottor Saverio Iacopino, coordinatore nazionale del dipartimento di Aritmologia del gruppo GVM care & research, di cui il Maria Pia Hospital fa parte — e, vista l’età della paziente, abbiamo optato per l’utilizzo di Micra AV, il più piccolo pacemaker disponibile senza fili». Quest’ultimo è un dettaglio importante: significa che nel tempo viene meno la necessità di sostituire i fili rovinati. Non solo: il dispositivo è stato impiantato senza la necessità di usare il bisturi ma facendolo risalire, attraverso una vena femorale, fino al cuore della paziente. Anna Maria è stata dimessa dopo un giorno. E adesso parla così alle altre mamme: «Non sottovalutate eventuali sintomi. La prevenzione è fondamentale». (Da Corriere.it)

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